Pop – sofia: Schwazer tra etica, tecnica, e compassione

Il filosofo Aristotele distingue le azioni in base alla relazione che intercorre tra queste e il loro fine. Le azioni etiche hanno il fine in sé, mentre quelle tecniche fuori di sé. Etico quindi è colui che agisce in base ad un principio correlato all’agire, a prescindere dai risultati, tecnico invece chi piega i mezzi ai fini.

Il marciatore Alex Schwazer, decidendo di doparsi per vincere la medaglia d’oro alle olimpiadi si è macchiato di una condotta non etica. Perché ha subordinato il principio del marciare, o del partecipare alla gara, all’obiettivo possibile del primo posto. Per questo motivo il suo comportamento va punito, perché non si tratta solamente della scorrettezza compiuta nei confronti dei suoi avversari, ma soprattutto del venir meno di un principio che dovrebbe contenere le spinte potenzialmente incontrollabili e illimitate della tecnica. E poco importa se così fan tutti, per fortuna la morale non teme l’inflazione dei comportamenti.

Detto questo, il giudizio etico va disgiunto dalla compassione che possiamo e dobbiamo nutrire nei confronti di ciascun essere umano che cade in errore. Scomporre nettamente il bene dal male diventa così la condizione necessaria che permette l’esercizio della misericordia.

Quando Gesù sfidò la folla a scagliare la prima pietra se senza peccato, non voleva celebrare il trionfo dell’indulgenza ma quello della pietà. Sentimento possibile nel cuore se nella mente è già presente l’invito all’etica (va e non peccare mai più…). Alex Schwazer ha mancato ai suoi doveri, e proprio riconoscendo ciò possiamo entrare nei panni del giovane atleta, dell’uomo in difficoltà per le pressioni intollerabili, e quindi perdonarlo.

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