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Ma tu sei renziano o civatiano?

Ieri pomeriggio stavo prendendo un caffè con un amico, quando questo mi trafigge con una domanda a bruciapelo.

– Ma tu sei renziano o civatiano?

Me ne resto lì un po’ perplesso. Sono tentato di accettare le regole del gioco a cui quella interrogativa allude implicitamente, lo sport del fare i tifosi, che fa tanto cultura middlebrow, e rispondere convinto: “Cavolo, civatiano!”; ma mi fermo all’ultimo istante. E così decido di evitare la provocazione e aggirare l’ostacolo con circospezione, come una volpe dalla consumata esperienza dialettica.

– Non si tratta di essere a favore di uno o dell’altro. Il punto sono le idee. Piuttosto proverei a ribaltare la tua domanda chiedendoti che progetto hai in testa per il Paese; quali sono i tuoi valori, le cose in cui credi e per le quali pensi che si possa condurre una battaglia politica. Non ho paura a definirmi radicale. Anche perché, dall’altra parte, i cosiddetti moderati sono i veri eversivi del sistema, pervertitori del linguaggio, estremisti dei fatti e della parola. Altro che partito dell’amore. C’è un odio di classe alla rovescia, dall’alto verso il basso, che non ha precedenti. La difesa degli interessi dei più forti, dei più ricchi, dei più arroganti, ha raggiunto un simile livello di insopportabilità che tutto questo deve finire. Serve una vera alternativa: egualitaria, laica, rispettosa delle regole. Un sana cultura della cooperazione che tuteli i più deboli, che conservi il paesaggio, che educhi le persone a recuperare il perduto rispetto per la cosa pubblica. Per concludere, non sono né civatiano né renziano. Sono di sinistra e per questo motivo, in subordine, mi piace Civati che dice cose vicine alla mia identità politica.

– Tutto molto bello. Ma alla fine bisogna vincere.

– Permettimi di decostruire la tua affermazione. Dici che bisogna vincere alludendo al fatto che Renzi è vincente e Civati no. Forse perché Renzi potrebbe intercettare l’elettorato di centro. Dietro a questo giudizio, però, io intravedo un pregiudizio: ovvero che non è possibile vincere le elezioni a sinistra. E allora, secondo te, meglio rincorrere i cosiddetti moderati (di cui sopra) che nel frattempo, vedi ultime elezioni, sono scomparsi. Dei berlusconiani poi non mi occupo. Nel senso che il problema non è tanto il leader che li determina, ma il loro modo di sentire e di intendere la politica. Berlusconi è finito, ma il Berlusconi in me, per dirla con Gaber, continua a vivere. Lo sostituiranno con qualcun altro, Renzi o non Renzi. Da questo punto di vista serviranno anni per recuperarli davvero, non una semplice strategia elettorale. La tua premura di apparire presentabile, permettimi, è un po’ provinciale. E per certi aspetti fa molto dirigenza PCI. Nel senso che, correggimi se sbaglio, da Togliatti in avanti il partito comunista ha sempre cercato di legittimarsi democraticamente, nel solco della Costituzione prima, attraverso una politica sempre rivolta al centro poi. In una parola, dimostrando responsabilità. Oggi quella responsabilità, che Napolitano incarna perfettamente, fuori dal sistema bipolare, senza più l’URSS, si è risolta in inciucio permanente. Andare al centro oggi significa proprio questo: inciucio, o politica di sottobanco. Mancanza di coraggio, altro che vincere.

– Solo tu riesci a trasformare una chiacchiera da bar in una pesantissima presa di posizione. Non cazzeggi mai?

– No, mai. Sono fatto così. E questa cosa mi è davvero insopportabile…

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First il lavoro… stiamo fresh!

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Mentre attendiamo trepidanti a Festareggio l’arrivo di Matteo Renzi anche gli slogan ci sembrano tanto happy days!

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Tristemente famosi

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03/01/2013 · 02:20