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Rubric per valutare la mappa di ideazione

Con Roberto Menozzi stiamo definendo una batteria di rubric che sia spendibile per la valutazione dell’idea di progetto, secondo quello che è il modello didattico Lepida Scuola. Questo è il primo tentativo, che prende in esame il primo deliverable atteso: la mappa concettuale split tree.

L’obiettivo più “audace” che ci siamo proposti è senz’altro far corrispondere ai singoli elementi della rubric alcune delle otto competenze di cittadinanza indicate dal ministro Fioroni nel 2007, e oggi riproposte dalla Gelmini con riferimento alla certificazione delle competenze di base per gli assi culturali. Obiettivo “audace” perché la confusione delle spiegazioni e delle note a corredo delle circolari lasciano trasparire ancora l’attenzione verso una vecchia logica dell’adempimento burocratico, a detrazione dell’efficacia dell’azione didattica (obbligo_istruzione_6sett07).

Alcune avvertenze che ritroverete in calce al documento sottostante.

1. Quando nell’elemento Rispetto dei tempi della consegna facciamo riferimento alla Responsabilità, non intendiamo di certo parlare di un’autonomia di giudizio che rende l’individuo consapevole dei propri diritti e bisogni sociali. Si tratta piuttosto di una competenza legata al rispetto dei limiti e delle regole comuni.

2. In Individuazione degli utenti, gli studenti implementano le competenze Risolvere problemi e Progettare (assai simili tra loro!) perché devono costruire e verificare ipotesi raccogliendo dati (interazione con i possibili soggetti) e proponendo soluzioni complete e realistiche (scelta dei soggetti).

3. In Bisogni agli studenti è richiesta la competenza Acquisire ed interpretare l’informazione, nel senso che i bisogni di una ipotetica committenza vanno valutati nella loro reale attendibilità, secondo una schema culturale e logico che è passibile di modifiche ma che potrebbe portare i realizzatori del progetto a suggerire soluzioni diverse da quelle richieste.

4. L’elemento Obiettivi impone agli studenti di lavorare con i piedi per terra. Per fare ciò gli obiettivi devono essere concreti, devono dare una risposta ai bisogni della committenza, e realizzabili con le risorse che il contesto mette a disposizione. Verificare ipotesi attraverso i dati raccolti e proporre soluzioni sono attività che dal nostro punto di vista implementano le competenze Risolvere problemi e Progettare.

5. Interazione con i docenti è un elemento di carattere processuale all’interno di una rubric pensata soprattutto per la valutazione di un prodotto (deliverable). Secondo i principi dell’apprendistato cognitivo, il docente nel rinnovato ambiente di apprendimento a matrice costruttivista smette i panni del custode di valori e conoscenze per vestire quelli più laici del maestro di bottega. Un maestro che insegna più che i contenuti (che sono da farsi!) il metodo, con l’esempio pratico e che con l’articolazione dei passaggi che portano a compiere una determinata scelta. Considero questa buona pratica la base di una competenza fondamentale che è Imparare ad imparare, una competenza che nella sua essenza sintetizza tutte le altre.

6. Argomentazione della mappa al momento della presentazione. Attraverso questa competenza vogliamo aiutare lo studente a sviluppare non solo una buona capacità di Comunicare, anche tra codici linguistici differenti (transcodificazione da iconico a narrativo), ma soprattutto un buon grado di consapevolezza rispetto ai processi che egli mette in atto per risolvere problemi legati alla vita.

Qui di seguito il link per scaricare la mappa. Usate e diffondete, ma soprattutto fateci arrivare le vostre proposte di correzione. Rubric Mappa Split Tree

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Da Kant allo studio di fattibilità

E ora permettetemi di introdurre un po’ di lessico kantiano, con buona pace dei puristi. Se con la mappa split tree l’intelletto opera soprattutto attraverso le categorie di sostanza (definizione dei nodi concettuali) e di azione reciproca (relazione tra i nodi concettuali secondo nessi logici), con lo studio di fattibilità entra in gioco potentemente la seconda categoria di relazione, così come è prevista nella serie presentata nella CRP: quella di causa/effetto. Diceva il filosofo prussiano che l’esperienza è possibile solo mediante una trama necessaria basata sulle categorie di sostanza, causa, e relazione. Noi, invece, attraverso il libero uso del pensiero analogico proviamo ad azzardare la seguente regola: un progetto è divenuto idea solo nel momento in cui si è sostanziato in una serie di elementi atomici, correlati in base ad uno schema logico, e concatenati secondo una regola di successione nel tempo.

Con l’introduzione dello studio di fattibilità si tratta di passare dal pensiero reticolare a quello sequenziale, ovvero di rimpolpare la levigatezza intellettiva della mappa con la materialità del tempo empirico. Il progettista dovrà quindi trasformare gli obiettivi in attività, meglio se semplificate in attività semplici, articolare le stesse per testimoniare quali azioni e risorse si rendono necessarie per lo svolgimento, ed infine definire i tempi di attuazione.

Acqua calda o uovo di colombo? Fate voi. Di certo è innegabile la forza pedagogica di una proposta che obbliga a prendere atto di vincoli e regole procedurali, e che va a lavorare su competenze come il problem solving, la progettazione, il pensiero autonomo e responsabile ecc. Mica ciufoli!

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Costruire le condizioni per poter lavorare

Ancora una mappa split tree per chiarirmi gli obiettivi nel breve periodo. Ho adottato questa tipologia di mappa non solo per partigianeria, perché è il frutto del lavoro d’equipe che abbiamo portato avanti dentro Lepida Scuola, ma anche perché mi pare al momento uno strumento che riesce a coniugare l’estrema semplicità di articolazione all’efficacia rispetto agli scopi: utenti – analisi dei bisogni – obiettivi per rispondere ai bisogni espressi.

Obbliga ad un lavoro con i piedi per terra, che a volte può apparire come un peccato di tracotanza (“Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/l’animo nostro informe” Montale), e certamente per i progetti più semplici lo è. Ma quanta cultura c’è nel tentativo di imbrigliare il divenire in un modello? E’ un gesto spontaneo e nello stesso tempo educativo, che necessita di rigore e serietà. Poi ai modelli si può anche rinunciare, ma è bene tener presente che la genuinità nel nostro mestiere deve essere un fine e non un mezzo.

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Lenta e leggera eversione

NB Il progetto in oggetto coinvolge due classi del liceo D’Arzo di Montecchio che parteciperanno al Viaggio della Memoria 2011, organizzato dal centro studi Istoreco di Reggio Emilia. In un periodo compreso tra febbraio e la fine di aprile gli studenti del prof. Romeo Guarnieri (collega di filosofia che ha chiesto gentilmente la mia collaborazione didattica) saranno impegnati nella realizzazione di alcuni progetti di carattere culturale sul tema della disubbidienza. In mezzo, durante la prima settimana di marzo, ci sarà il viaggio a Berlino ad incardinare idealmente i nostri sforzi. La mappa concettuale qui sopra è un primo tentativo di definire potenziali committenti, bisogni di questi, e obiettivi operativi che rispondano alle esigenze degli interessati.

LENTA E LEGGERA EVERSIONE
“Me la sono sempre presa con cose che conoscevo benissimo e che per un certo periodo io stesso sono stato…” Friedrich Nietzsche

Pierre Bourdieu sosteneva che a scuola si veicola una violenza dolce, psicologica, che consiste nel proporre concetti e temi particolari come se fossero universali. Questa violenza, che ha un carattere simbolico e che si esprime grazie al consenso inconsapevole dei soggetti che la subiscono, pare non dare molte alternative. All’interno di un paradigma sociale in cui esistono solamente dominatori e dominati, le reazioni possibili sono determinate dalla rigidità del contesto e si concretizzano nell’ossequio e nella rivolta, atteggiamenti che spesso si danno contemporaneamente all’interno dello stesso individuo.

Dispiace constatare come la maggior parte dei colleghi, anche se mossi da ottime intenzioni, non si renda conto di quanta ideologia venga da loro profusa inconsapevolmente. Al di là dei contenuti, delle esortazioni all’esercizio della democrazia, la scuola opera affinché si introiettino modelli di comportamento funzionali ad un sistema gerarchico e alla sua organizzazione del lavoro. Chi va bene si prepara a dare ordini e chi va male impara ad obbedire e a collocarsi ai gradini più bassi della piramide sociale; ruoli giustificati dal carattere “naturale” dei programmi, dal giudizio degli insegnanti, dalle capacità cognitive che la scuola pare in grado di certificare.

Il nostro progetto ha in tal senso il suo modesto carattere eversivo. Ci proponiamo di offrire agli studenti un’opportunità: sperimentare una forma di didattica che si apra al mondo della vita. Non problemi rigidi ma questioni aperte a più soluzioni e tutte da costruire, non la routine appunti – studio – interrogazione ma una pratica che sintetizzi esigenze di creatività e rigore, non l’individualismo elargito dalla lezione ex cathedra ma forme di cooperazione che insegnino autonomia e responsabilità.

Tutto questo è possibile a fronte di un grande sforzo donchisciottesco, naturalmente, e con l’uso della misura, indispensabile ogniqualvolta si introducano novità in un sistema ampiamente rodato sulle proprie regole di funzionamento. Lentamente e con leggerezza è possibile affiancare alle liturgie tradizionali spazi di divergenza sempre più ampi e decisivi.

o. boss.

PS Per chi volesse maggiori informazioni sulla ratio pedagogica dei nostri sforzi segnalo questo link al knol di Enzo Zecchi, il responsabile scientifico di Lepida Scuola, gran maestro del costruttivismo, e ricercatore con cui collaboro indegnamente da ormai da alcuni anni.

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