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Da Prometeo ai trafficoni

C’è una tendenza nel paese, un pensiero diffuso che si manifesta negli apparentemente insignificanti episodi che caratterizzano la quotidianità: si tratta di una aperta e violentissima lotta contro il moralismo. Chiariamo subito un potenziale equivoco: il tipo dell’anti – moralista non va assolutamente confuso con certe figure epiche e demoniache di immoralisti che hanno fatto la fortuna di tanta letteratura. Penso al Don Giovanni di Molière, immortalato dalla musica di Mozart, al Kirillov dei Demòni di Dostoevskij, al Sisifo felice raccontato da Camus, e a tutta quella collezione di personaggi che incarnano la rivolta contro un ordine costituito, sia esso di natura sociale o metafisica.

L’anti – moralista è piuttosto un uomo che sa fare le cose. E che ha imparato, proprio grazie a questa sua dote, a diffidare delle vane astrazioni. Egli si indigna di sovente, soprattutto di fronte a certi desideri di solidarietà e giustizia che alcuni interlocutori gli esprimono senza riserve. Con l’equità d’animo dell’eremita, predica giudizio, buon senso, decanta la libertà di coscienza che dovrebbe contraddistinguere una persona perbene. Pratica l’amor fati con una seraficità sorprendente; e trasuda saggezza e disposizione d’animo verso la vita nella sua interezza, soprattutto nei confronti di quelle contraddizioni che agli innocenti destano un’immediata avversione. In altre parole, l’anti – moralista getta sulla società il suo disincanto e da essa è ripagato, esistenzialmente e materialmente, con una silenziosa benedizione.

Questa felice santità, però, è in realtà una truffa. Dietro la millantata grandezza d’animo, infatti, non v’è altro che la difesa anarchica dell’individuo. L’anti – moralista è solo per se stesso, sciolto da ogni vincolo di relazione, legislatore capriccioso del proprio destino. Vorrebbe essere eroico come Prometeo, ma in un’epoca di passioni tristi senza ambizioni rivoluzionarie si accontenta di possedere la scaltrezza del trafficone. Dello spirito titanico rimane solamente l’arroganza che, orfana della ribellione, si accontenta di chiamare la furbizia accortezza, l’astuzia perspicacia, e il vizio virtù.

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