Ci vado o non ci vado? Massì ci vado. Perché in fondo mi dispiacerebbe stare a casa, rinunciare, e darla per vinta all’indifferenza e alla noia. Voglio provarci ancora una volta. Illudermi che sia importante. Che qualche cosa possa cambiare.
No, non ci vado. Perché Cuperlo nemmeno a parlarne. Ha sul groppone la presenza appollaiata dell’eminenza baffuta. Odora di larghe intese come la chiesa di incenso. Può dire ciò che vuole (e non mi dispiace ascoltarlo: perché si presenta bene e denota una certa finezza di ragionamento) ma quella sensazione di déjà vu, quella nausea sartriana che ti prende di fronte a un mondo sempre uguale a se stesso; no, quella roba lì io non la sopporto più.
Vabbè ci vado. Perché credo in un grande partito di sinistra che rappresenta la parte migliore di questo Paese. E le primarie poi. Vuoi mettere rispetto a questa vergognosa legge elettorale. Ti senti protagonista anche tu. Una piccola, infinitesima parte, dell’ingranaggio democratico, ma pur sempre un cittadino, in scienza e coscienza. Che orgoglio!
Non ci vado. No, non posso andare perché Renzi, no dico, Renzi! Un nibelungo sedotto dal potere. “Il mio tessoro!!” Un uomo debole, dai valori negoziabili, malato di narcisismo. È quanto di peggio io possa immaginare nel panorama politico italiano! Be’ no, a dire il vero qualcosa di peggio c’è. Il marchese De Sade, per esempio; il cavaliere decaduto. E poi il becero razzismo della Lega. Il populismo armato di improperi di Grillo. Sì c’è molto di peggio. Anche se diventare renziani è un po’ come per Brancaleone scampare al rogo dei cristiani per finire impalato dai turchi.
E allora ci vado. Anzi, civado. E tivoto. Non perché senta il bisogno del salvatore della Patria. Non me ne frega niente. Tivoto perché rappresenti l’idea di una sinistra che non ha paura di chiamarsi tale. Tivoto perché perderai ma serve anche la testimonianza di chi non si arrende alle parole d’ordine di una politica irregimentata e conformista. Tivoto perché credo in una società più giusta, in un’economia fatta per le persone e non viceversa, e perché passano gli uomini ma le idee resistono.
Fai a modo, caro Civati, perché hai nelle mani la responsabilità di tanti che come me ancora ci credono. Una sola cosa però. La politica è l’arte del compromesso, va bene. Ma chi ha letto Machiavelli (e tu l’hai fatto) sa bene che differenza passi tra un uomo tragico e quei cortigiani che hanno insozzato il parlamento e tutte le nostre istituzioni. E allora, se non c’è nulla da fare, accetta questo consiglio: vieni via o punta tutto. Lascia stare o vai fino in fondo. Il momento è grave. E come insegna John Belushi: “quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare”. Ma un duro, uno con la schiena diritta, accetta anche il rischio di spezzarsi e di perdersi per sempre. Si chiama responsabilità ed è la stoffa di cui dovrebbero essere fatti i veri leader. “Potrebbe essere la nostra notte più grande. Non lasciamo che sia la più stronza.” In bocca al lupo!