Educare alla complessità

Ogni tentativo serio di riformare il nostro sistema scolastico dovrebbe essere orientato da una qualche idea di sviluppo del paese sul lungo periodo. Per esempio, dalla consapevolezza dei provvedimenti necessari per uscire dalla crisi economica, prima che questa si trasformi in depressione. Otto Scharmer, sul suo blog, propone un’analisi molto interessante delle problematiche strutturali che affliggono il sistema capitalistico. Questioni non nuove, che secondo il professore del MIT di Boston si ripropongono ad ogni (ulteriore?) peggioramento della situazione e che potrebbero essere riassunte attraverso le seguenti categorie: cibo, combustibili, finanza, e Fukushima. Vediamo nel dettaglio i temi dell’articolo:

  1. Efficienza: l’eccesso di efficienza impedisce una visione di insieme che tenga conto delle conseguenze negative sull’ambiente e sui soggetti terzi (esternalità)
  2. Esternalità: certe tecnologie per la produzione energetica, come per esempio il nucleare, sono convenienti solamente se i profitti vengono privatizzati e le esternalità socializzate. Così vale per l’industria del cibo e per la finanza, e per le conseguenze ad esse legate: inquinamento, malattie, distruzione delle culture locali, forte impatto sull’economia reale.
  3. Interessi di alcuni gruppi di pressione: le lobby giocano un ruolo da protagonista nelle scelte politiche. Si tratta di un patto scellerato che subordina lo stato alle decisioni della finanza e dell’industria energetica.
  4. Le persone marginalizzate pagano di più: in tutte le crisi, economiche e finanziarie, gli ultimi sono quelli che subiscono il contraccolpo maggiore. Perdono il lavoro, i servizi sociali essenziali per sopravvivere, gli insegnanti per i loro figli.
  5. Ritardo delle retroazioni sistemiche: tutte le decisioni vengono prese secondo modelli che non considerano la complessità del reale e l’apporto dell’ambiente nel definire le strategie più efficaci.
  6. Il flusso di denaro va nella direzione sbagliata: ovvero i profitti finiscono sempre nelle solite tasche, depauperando territori e popolazioni che già devono subire le esternalità negative del sistema capitalistico.
  7. Consapevolezza dei consumatori: più i consumatori saranno consapevoli dell’impatto ambientale – sociale dei prodotti (alimentari, industriali, energetici, e finanziari) e maggiore potere avranno nei confronti della struttura produttivo – finanziaria.
  8. Arene per il Risveglio: mancano spazi di discussione che producano consapevolezza rispetto al funzionamento del sistema stesso.

La cura proposta da Scharmer comporta lo sviluppo di una sensibilità di tipo sistemico, che coinvolga tutti i soggetti in un qualche modo interessati ai processi decisionali. Dalla politica, alle cosiddette parti sociali, sino ad arrivare alle popolazioni locali. Si tratta di un management olistico, capace di stare in ascolto e in relazione con il contesto e insolitamente poco preoccupato dalla pianificazione sequenziale e millimetrica delle attività.

È interessante ricordare, che questi temi hanno una fortissima valenza educativa, soprattutto se pensiamo che l’insegnamento può (e deve) contemplare la soluzione di problemi complessi. Scrive Enzo Zecchi, direttore scientifico di Lepida Scuola:

Nell’ambito delle professioni al giovane sarà chiesto in futuro di fare valutazioni corrette. Mentre nei compiti semplici, quasi primordiali, le regole fornite da altri sono sufficienti e costituiscono una buona guida per indirizzare la prestazione, nel caso delle situazioni complesse (che riguardano la vita in generale e quella professionale in particolare) è molto importante essere educati a compiere valutazioni coerenti con gli obiettivi da raggiungere e che tengano conto di tutte le risorse necessarie. Inoltre, a ciò andrebbe associata la percezione di altri parametri quali il coraggio e le basi etiche, sempre più decisivi per determinare scelte veramente efficaci.

Per Zecchi, è auspicabile introdurre in classe momenti costruttivisti che integrino le nuove tecnologie nella promozione di una didattica orientata al progetto (Problem and Project Based Learning). Solo questo rinnovato ambiente di apprendimento, infatti, favorisce l’emersione di alcune formae mentis decisive per rispondere alle sfide dei problemi reali. Ed è solo attraverso il monitoraggio delle azioni necessarie per eseguire un compito che è possibile certificare i più alti livelli di competenza; come per esempio la valutazione, che già Bloom nel 1956 collocava ai gradini più alti della sua tassonomia, seconda solamente al pensiero divergente.

Purtroppo, la scuola italiana si impegna in tutt’altra direzione. Essa seleziona la classe dirigente implementando competenze accademiche (comprensione del testo, logica…) che da sole non favoriscono il successo lavorativo. Si cura raramente del coraggio e dell’etica, e solo attraverso inutili esortazioni ex cathedra; sempre autoritarie e sottilmente violente nella forma, nonostante la buona fede degli insegnanti.

Sulle correzioni imposte recentemente dal ministero sarebbe meglio tacere per carità di patria. C’è da sbellicarsi di fronte al furore con cui vengono presentati i test INVALSI: valutazioni oggettive (di studenti, docenti, e scuole) mediante cui riconoscere finalmente, e una volta per tutte, il merito. In realtà il fine dell’operazione non ha nulla a che vedere con preoccupazioni di carattere pedagogico. Stiamo parlando di logiche politiche e di bilancio, che usano queste prove per selezionare le scuole a cui destinare i sempre più esigui fondi statali.

E tutto ciò mentre il mondo occidentale sembra ad un tornante della storia. Se lo stato di salute dell’istruzione è un’indice importante della lungimiranza dell’azione politica, allora possiamo stare freschi. Al di là dei provvedimenti tampone, che non incidono sull’ascensore sociale e impoveriscono sempre i soliti noti, non ci sono altre risposte alla crisi, sempre più feroce, con cui stiamo lottando. Ci aspettano anni dolorosi, dolorosi e terribili…

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