La destra nella sua versione italica contemporanea non è moderata: né nei toni né nella sostanza. Della propria dismisura, anzi, si fa vanto, con accenti neo-dannunziani o neo-autoritari (a seconda dei casi, e degli attori politici): la sua ostilità al concetto stesso di legge e di garanzia costituzionale ne è la prova. Ciò che la caratterizza veramente è la superficialità, lo scambiare gli effetti per le cause, il rifiuto della critica, sostituita dall´invettiva o dall´argomento ad personam («lei dice queste cose perché è di sinistra»), l´abbarbicarsi ai luoghi comuni rafforzati dalle grida scomposte. Questa superficialità si sposa benissimo, infatti, con l´estremismo, che la destra evidenzia con abbondanza: questo, da parte sua, altro non è se non la fuga (in avanti o all´indietro) dalla complessità concreta della realtà, e della politica che voglia essere qualcosa di più che pura cosmesi o inconcludente illusionismo. Davanti a questa complessità, che per essere compresa esige profondità e radicalità d´analisi, la destra superficiale e estremista scarta, accusando chi se ne fa portatore di essere un “comunista”.
[…] E, contro ogni evidenza, tratta Pisapia da estremista – o da paravento degli estremisti – perché scambia ogni radicalismo, e ogni lungimiranza, per estremismo; perché non comprende – non avendo né l´una né l´altra qualità – come si possa essere “radicali” e al contempo “moderati”; perché ignora che essere “moderati” non significa essere egoisti, né indica solo la pratica del “giusto mezzo” ma implica soprattutto pacatezza di modi, equilibrio di giudizio, misura intellettuale e politica, rispetto di sé e degli altri pur nella capacità di opporsi all´avversario politico.
Carlo Galli, Se i moderati sono questi…, Repubblica 25/05/2011
Moderati II
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