Tutto questo parlare di funerali mi ha ricordato un libro di Zavattini che leggevo da ragazzo, quando facevo il liceo, a Parma. Dentro c’erano scritte alcune poesie in dialetto, e una faceva così:
O vést an funeral acsé puvrét
c’an ghéra gnanc’al mort
dentr’in dla casa.
La gent adré i sigava.
A sigava anca mé, senza savé al parché
in mes a la fümana.
Era stato un mio professore a consigliarmi quel libro, e adesso che ci penso quel professore veniva da Novellara, che non è poi tanto lontana da Santa Vittoria. Lui diceva che Santa Vittoria era il buco del culo del mondo, diceva proprio così: il buco del culo del mondo! E che tutte le volte che ci passava, per venire a scuola, aveva paura di sprofondare, e di perdersi per sempre, con la macchina e tutto il resto. C’è della follia nella bassa, che contagia le persone. Una forza metafisica che promana dalla terra, in un luogo che non è solo uno spazio geografico ma soprattutto una determinazione dell’anima. Il surrealismo degli argini di bonifica e dei paesini affogati in mezzo ai campi di granoturco non sono cose per tutti. Per accedere a questo mondo parallelo servono ostinazione e visionarietà; ma soprattutto la capacità di saper credere in un mondo diverso.