Abbiamo atteso le nomine dei ministri di governo con la trepidante speranza dei giocatori d’azzardo. Perché il miracolismo è un tratto di questo Paese, una tendenza dura a morire che rinfocola ad ogni sobbalzo della nostra modesta storia politica. Diffidenti nei confronti della scienza, incapaci di pensare il mondo a partire da solide basi razionali, noi italiani sprezziamo la cultura del progetto a vantaggio di un fatalismo magico e cinico. Confidiamo nella forza taumaturgica dei potenti, nel loro arbitrio, nel tozzo di pane fatto cadere dalla tavola del signore. Mescoliamo religione e superstizione in un tripudio barocco e delirante in cui ogni orientamento viene meno. Per dirla tutta, siamo uomini sopravvissuti alla fine delle idee. E il nostro ottuso entusiasmo è solo il riflesso superficiale di un nichilismo cupo, in cui solo gli individui sono degni di considerazione.
La fine delle idee
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