La sintesi della politica berlusconiana è rappresentare il più possibile tic, stereotipie, e debolezze del proprio elettorato; la differenza con la sinistra, che conserva ancora nonostante tutto un minimo retaggio della tradizione pedagogica socialista, sta in gran parte qui. Berlusconi è come Zelig, si mimetizza con l’ambiente circostante per evitare qualsiasi contraddizione. Il suo scopo è fare ciò che le gente (non il popolo!) vuole, a colpi di sondaggio, e ciò che ne risulta è la totale identificazione tra leader e elettori con una conseguente reciproca remissione dei peccati. In realtà, alle spalle di questa presunta attenzione d’amore c’è un avversione profonda nei confronti delle persone. Un atteggiamento ipocrita che mi ricorda quello degli “amici” che ti spingono ad una vita leggera e deresponsabilizzata, salvo poi eclissarsi nel momento del bisogno. È difficile dire la verità ma la politica non può alienarsi questo impegno morale. Alla sinistra, in tutto questo tempo, è mancata la schiena diritta per resistere ai compromessi al ribasso; è il suo peccato capitale e tra cent’anni ne parleranno i libri di storia. Ora, l’abolizione dell’IMU su cui non voglio spendere una parola di troppo segna l’ennesimo episodio di questa triste vicenda, perché alla fine i poveri pagheranno per i ricchi. I politiconi del PD si sono arresi al populismo e all’ideologia del partito del fare. Cercavano l’efficacia del buon governo a scapito dei valori, alla fine non avranno né l’una né gli altri.
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Funerali (residuo di memoria n.1)
Mi raccontava mio nonno, ma tanto tempo fa, quando ero ancora un bambino, che a Santa Vittoria di Gualtieri tutti i giorni c’era un funerale. I braccianti, che lavoravano nelle risaie, mangiavano solo polenta, tanta polenta. “Mica come me, che facevo il contadino e che alla domenica una scodella di minestra e un pezzo di carne me li potevo sempre permettere”. Si ammalavano di pellagra, che è una malattia brutta, che ti consuma lentamente: ti si squama la pelle, ti caghi addosso che sembri un bambino e poi, alla fine, quando arrivi all’ultimo stadio senza più speranza, ti si spegne lo sguardo e diventi matto. C’è chi vede la madonna e c’è chi scappa nei campi, di notte, urlando; con il diavolo incollato alla schiena.
Allora mi chiedevo come mai i matti frequentassero indistintamente santi e diavoli, come se non ci fosse nessuna differenza. Poi una volta ho visto un vecchio, avrà avuto circa ottant’anni, che correva lungo una carraia nei campi. Quando l’hanno preso, perché aveva il bastone e non poteva andare troppo lontano, ha detto che lo cercavano i fascisti, e che era l’8 settembre e che lui si voleva nascondere in una soffitta, da un vicino di casa. “Sono passati sessant’anni!” gli ha urlato la moglie, ma lui non capiva. “Ti prego, torna a casa. È tardi”. Quell’uomo non aveva la pellagra, aveva un’altra malattia che si chiama alzheimer, e l’alimentazione non c’entra niente, ma mi ha fatto riflettere. Ho capito che ogni malattia ha i suoi diavoli e i suoi santi, e che la vita e la morte, l’estasi e la follia, sono le due facce della stessa medaglia.
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Cortigiani, vil razza dannata
E allora non hanno capito nulla! Il Paese chiede uno scatto di moralismo degno di Montaigne e i maggiorenti del PD rispondono con Guicciardini. Tramestano tra il Nazareno e Palazzo Grazioli alla ricerca di un accordo che da fuori sembra solo un patto cortigiano. Il prossimo Presidente della Repubblica dovrà possedere un alto profilo politico e nello stesso tempo essere interprete delle istanze di cambiamento. Un garante della Costituzione e non dell’impunità di qualcuno. Quindi: no alla Gabanelli, ma no anche a D’Alema e ad Amato! Come uscirne? Invocare lo Spirito Santo non è cosa. Speriamo solo che, tra oggi pomeriggio e domani, qualche illuminato riporti la ragione dove al momento pare esserci solo calcolo di corto respiro. Nell’attesa di un miracolo, mi consolo con Tito Gobbi…
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Milena Gabanelli? No grazie

Milena Gabanelli Presidente della Repubblica italiana? No grazie, per due ragioni almeno. Primo. Nessuno potrà mai negare le qualità professionali e il coraggio di questa stella del giornalismo di inchiesta; nemmeno che Milena Gabanelli abbia svolto e continui a svolgere per la nostra comunità un servizio imprescindibile; però, mi chiedo, non sarà questa scelta il segno dello spirito dei tempi televisivi? Un segnale di sudditanza culturale dell’italiano medio che vota in rete le quirinarie come se fossero un sondaggio di Sky o di Servizio Pubblico? Secondo. Un amico mi ricorda che conservazione e progresso sono concetti relativi. Da progressista convinto, conservo l’idea antica e saggia che la politica debba essere fatta da chi se ne intende. Parafrasando Platone, nessuno sceglierebbe come chirurgo un appassionato di medicina che legge la domenica qualche testo di anatomia; e nemmeno come pilota del Jumbo che lo porterà in vacanza un novellino con poche ore di volo sulle spalle, per di più trascorse su un Cessna monomotore a elica. E allora, come mai la politica, che è l’arte più importante perché ha come obiettivo la felicità e l’armonia di una comunità, deve essere lasciata ai dilettanti? Tutto questa cultura pop finirà col venirmi a nausea. È l’estrema propaggine del populismo, teniamolo presente. E io non voglio che una moda passeggera ci porti a confondere il cane che latra con il cane costellazione celeste.
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L’arte di ottenere ragione
Questo libercolo, pubblicato postumo, è una perla preziosa. Leggetelo lentamente, dimenticando le facili rappresentazioni manualistiche che tratteggiano uno Schopenhauer pessimista e cinico. Andate al di sotto della scorza dello stile clinico e dei contenuti tecnici. Considerare certe frasi sconsolate come se fossero statue di Sileno che nascondono un tesoro
se questa non ci fosse [la naturale slealtà del genere umano], se nel nostro fondo fossimo leali, in ogni discussione cercheremmo solo di portare alla luce la verità, senza affatto preoccuparci se questa risulta conforme all’opinione presentata in precedenza da noi o da quella dell’altro.
perché è proprio in questa franchezza allergica ad ogni forma di ipocrisia che scoprirete un filosofo diverso. L’uomo pietoso tradito da alcuni impercettibili ma significativi slittamenti del tono: amare constatazioni che attestano l’irresolubile frizione tra tra mediocrità e valori:
l’interesse per la verità, che nella maggioranza dei casi è stato l’unico motivo per sostenere la tesi ritenuta vera, cede ora completamente il passo all’interesse della vanità.
Il fatto è che Schopenhauer è un ribelle e il suo no alla vita si riverbera oltre le catene di affermazioni e obiezioni che accompagnano la lettura. C’è il mondo e c’è il mondo così come potrebbe essere realizzato. Sotto la superficie, l’obiettivo polemico trasmuta. Non tanto l’avversario, con il quale condividiamo i prerequisiti fondamentali che rendono possibile il confronto. Quanto i portatori di una verità dogmatica (dialettici logici) e gli indifferenti; entrambi sprezzatori del dibattito e di conseguenza dell’interlocutore stesso.
E allora benvenuto lo scontro, che può essere incontro e apertura all’altro. Frantumare la vanità, l’egoismo, l’individualismo, per costruire un’armonia sociale da opporre alla tragicità dell’esistenza. Buona lettura…
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